I percorsi ciclabili a Roma


In una citta' come Roma, almeno allo stato attuale, non e' possibile, neanche volendolo, svolgere determinate attivita' di lavoro che richiedono frequente mobilita', utilizzando i mezzi pubblici.

Questo perche' la rete metropolitana che e' efficiente nei soli tratti urbani serviti non e' dotata di parcheggi scambio nei punti cruciali (per esempio la zona di Piazzale Flaminio) e soprattutto perche' la rete di trasporti in superficie servita dall'A.T.A.C. nella maggioranza delle linee comporta tempi di attesa lunghissimi, in alcuni casi oltre 20 minuti, e perche' le linee non marciano in corsie protette e quindi risentono della lentezza di percorrenza causata dal traffico automobilistico.

E' il cosiddetto cane che si morde la coda! La gente e' costretta a muoversi in macchina perche' il mezzo pubblico non funziona ed il mezzo pubblico non funziona "anche" e "non" soltanto perche' c'e' molto traffico automobilistico che ne ostacola il movimento.

Per fortuna molti romani si sono convertiti al ciclomotore contribuendo a rendere un po' piu' vivibile la citta' ma ancora ce ne vuole molto per correre il rischio di muoversi in bicicletta. Il solo tentarlo in una giornata di normale traffico significa ormai mettere in conto la possibilita' di non tornare sani a casa.

Le piste ciclabili. !?!

Innanzi tutto sono da distinguere due tipi di piste ciclabili: le piste utilizzabili per motivi di diporto o di pratica sportiva, come per esempio l'attuale percorso extraurbano che a Roma collega Ponte Milvio a Castel Giubileo, percorsa per lo piu' nei giorni festivi come "unica " possibili ta' di andare in bicicletta completamente separati dal traffico automobilistico.

Poi ci sono le piste utilizzabili per la mobilita' urbana di tutti i giorni di cui a Roma ne abbiamo due esempi: un tratto, molto costoso da realizzare e' quello di viale Angelico, ricco di strutture accessorie come guard rail, barriere anti traffico, marciapiedi laterali con aree di parcheggio, ecc. ed un tratto molto economico come quello del lungotevere che va da Piazzale M.llo Giardino a ponte delle Arti, dove in sostanza e' bastato dipingere con vernice antisdricciolo i gia' larghi marciapiedi pedonali ed aggiungendo qualche panchina e qualche cartello.

Adesso la situazione e' tale per cui viene molto usata la pista extraurbana nei giorni festivi per motivi di diporto, mentre i tratti urbani, dal momento che non collegano nulla a nulla non vengono usati per motivi di spostamento urbano, anzi vengono pure malvisti perche' cosi' come sono stati progettati costituiscono una barriera architettonica invalicabile specialmente per le persone anziane oltreche' per gli handicappati.

A Roma come in molte citta' italiane si potrebbero avere, con costi molto bassi, tratti di piste ciclabili per diporto realizzate semplicemente utilizzando i percorsi spontanei gia' tracciati nei grandi parchi urbani e dove con poche opere di aggiustamento e di manutenzione con relativa segnaletica (senza percio' spendere soldi per asfaltare e realizzare manufatti in cemento) e' possibile permettere la convivenza del ciclista in genere con le esigenze di sicurezza e tranquillita' a cui tutti i cittadini hanno diritto.

Per le grandi metropoli ed i centri minori pensiamo che non sia da commettere l'errore di spendere molti miliardi in opere superflue e facilmente contestabili da chi non ha a cuore le due ruote.

La pista ciclabile di viale Angelico - Castel Giubileo, che sembrava il fiore all'occhiello di un certo modo di fare politica negli anni '80, e' stata costruita in funzione dei mondiali di calcio ed e' stata comunque slegata da un progetto complessivo di intervento sul traffico non motorizzato.

Recuperare all'uso delle due ruote le vecchie strade in disuso dal traffico, limitando in tutto il centro storico (Mura Aureliane) il traffico automobilistico, non dovrebbe rappresentare un modo operativo difficile da perseguire.

Si potrebbe, ad esempio, nell'elaborazione di piste ciclabili interconnesse tra loro, seguire alcune priorita' in materia di tratti stradali adibiti a traffico non motorizzato come le stradine che fiancheggiano i vecchi acquedotti romani, le corsie del traffico locale di grandi arterie di scorrimento (Nomentana, Cristoforo Colombo, ecc.) i larghi marciapiedi che costeggiano le mura aureliane, gli argini del Tevere a Nord ed a Sud della citta', gli argini dell'Aniene, i tracciati ferroviari non utilizzati come quello dell'Appia Nuova, le stradine campestri di buon fondo stradale presinti nei parchi (Caffarella, Pineto, Vejo, Castel Fusano, Appia Antica, ecc.), i bordi dei laghi vulcanici, gli stradelli in terra battuta di alcune aree protette.

Roma potrebbe avere con costi molto bassi una rete di piste ciclabili per diporto realizzate semplicemente utilizzando i percorsi spontanei gia' tracciati nei grandi parchi urbani come la Caffarella e gli Acquedotti nel parco dell'Appia Antica, dove con poche opere di aggiustamento e di manutenzione senza spendere inutilmente soldi per asfaltare o per realizzare manufatti in cemento, e' possibile la convivenza del ciclismo sportivo con le esigenze di sicurezza e tranquillita' di chi fruisce dei parchi pubblici; e cosi' vale lo stesso discorso per il parco del Pineto a Roma Nord, nelle ville storiche come villa Pamphili e villa Borghese, o nell'argine del Tevere-sud dalla Magliana a Fiumicino-Porto di Traiano dove gia' di fatto esiste una bellissima pista ciclabile, ai piu' sconosciuta e che non ha bisogno ne'l di asfalto, ne' di finte tettoie, ne' di barre metalliche, ne' di coreografici campi nomadi, ma solo di segnaletica e manutenzione.

Per la citta' invece, cioe' per l'uso urbano alternativo della bicicletta, anche in questo caso non e' necessario commettere l'errore di spendere miliardi in opere superflue e facilmente contestabili dalla gente che e' ormai stanca di opere inutili specialmente dopo gli sprechi dei famigerati mondiali di calcio.

A Roma, come a Milano, a Catania e a Sassari abbiamo delle strade piu' o meno strette dove il vero problema non e' costituito dal treaffico che e' in movimento ma dalle macchine ferme in sosta, in seconda ed in terza fila come succede a Napoli. Se i bordi dei marciapiedi delle principali strade urbane fossero percorsi da piste ciclabili delimitate sull'asfalto con una striscia gialla, come quella delle corsie preferenziali dei mezzi pubblici, e soprattutto se i mezzi di trasporto pubblico su ruota e su rotaia fossero portati all'altezza di un paese civile, oltre a guadagnarne in mobilita' chi potra' viaggiare su due ruote, sicuramente de guadagnerebbe anche il traffico automobilistico che non avrebbe piu' le ostruzioni causate dalla sosta selvaggia. Senza andare in Cina quesi semplici accorgimenti gia' funzionano egregiamente in grandi citta' europee come per esempio Francoforte, dove le piste ciclabili urbane sono realizzate semplicemente dipingendo una stricia di delimitazione lungo i marciapiedi, che impedisce alle macchine di sostare e fluidifica il traffico.

Tutto cio' sarebbe realizzabile studiando gli opportuni percorsi anche a Roma come nelle altre citta' purche' la contropartita per ogni posto-sosta eliminato sia non soltanto la realizzazione di parcheggi meccanizzati sotterranei o sopraelevati, ma soprattutto potenziando al massimo la rete di trasporto pubblico, unica condizione per invogliare la gente a lasciare ferma a casa l'automobile.

La societa' si sta trasformando, le importanti riforme nel modo di scegliere la futura classe politica ci fanno sperare anche in importanti trasformazioni nella qualita' della vita urbana e sono sicuro che la bicicletta avra' la sua parte, non secondaria, se noi, popolo delle due ruote non staremo soltanto a guardare ma ci faremo parte attiva nelle scelte che si andranno a fare.

Marco Spada.