La campagna romana


Roma: la metropoli, il cemento, le periferie degradate, l'abusivismo edilizio ...... gli aspetti negativi di questa nostra piccola-grande citta' sono tanti e li conosciamo bene. Alcuni anni orsono il noto giornalsta Folco Quilici aveva girato una serie di interessanti documentari per la serie "L'Italia vista dal cielo" ed in quello riguardante la nostra regione lo stesso autore scopriva con meraviglia che poche centinaia di metri oltre l'ultima periferia della vasta area metropolitana di Roma, la cinepresa posta sull'elicottero inquadrava soltanto grandi spazi agresti, boschi, campi coltivati a grano, vigneti, pascoli: la grande campagna romana.

La Roma dei secoli passati, la Roma dei Papi, era di fatto, nonostante la "grandezza" dovuta al glorioso passato, una cittadina essenzialmente agricola, chiusa nelle sue mura e circondata dai grandi latifondi di cui erano proprietarie le storiche dinastie nobiliari che gravitavano nell'orbita del Vaticano: I Borghese, I Colonna, Gli Orsini, Gli Odescalchi, e le tante altre famiglie che avevano un Duca, un Conte, un Principe, nella corte del Papa Re.

Le grandi estensioni delle terre erano destinate a "procojo" cioe' alla coltivazione dei cereali utilizzando la povera mano d'opera dei miseri "cafoni", contadini immigrati dall'Abruzzo e dalla Ciociaria che vivevano in condizioni disgraziate in enormi cascinali collettivi ed all'allevamento degli ovini sotto il rigido controllo dei "vergari" severi capi-pastore che con la loro "verga" ricurva in legno di sambuco e con i loro aggressivi cani maremmani vigilavano su ogni metro quadrato dei vasti territori di cui erano custodi.

Erano frequenti inoltre nelle campagne le "cacce alla volpe" occasione di svago per i giovani e meno giovani rampolli delle grandi famiglie che cavalcavano tra pascoli e vigneti per concludere tra donne, vino, ricotta e bistecche di abbacchio le loro piacevoli giornate con la scusa della "volpe".

La natura tipica di questi latifondi ha fatto si' che dai secoli passati ai nostri giorni, la gran parte di queste terre si sia conservata in alcune zone per lo piu' integra o relativamente frazionata; mentre parte e' stata in questi ultimi decenni oggetto della grande speculazione edilizia che ha portato all'urbanizzazione delle periferie ed all'allargamento a macchia d'olio di parecchi piccoli centri della provincia.

Attualmente, a nord della citta' subito dopo le ultime case del quartiere "Tomba di Nerone" si estendono le verdi colline del parco di Vejo, dove tra boschi impenetrabili e vaste estensioni di pascoli, lungo le vallate del Cremera si nascondono i resti della civilta' etrusca, madre della civilta' di Roma. Piu' ad est la valle alluvionale del Tevere con il Parco di Tevere Nord che si estende da Castel Giubileo fino a sotto il castello di Fiano Romano con i grandi campi coltivati a cereali dove in primavera volano le pavoncelle e nidificano le starne ed i fagiani. Attraversata la via Salaria ecco ancora la vasta estenzione agreste del Parco della Marcigliana, tra dolci colline verdi e campi di grano divisi da boschi cedui e pascoli, qui' alcuni anni fa' si nascondeva la famigerata pantera nera, sfuggita ad uno zoo privato, che per molti mesi ha terrorizzato con le sue fugaci apparizioni i pastori ed i contadini del posto. Ad est della citta' il Parco della "Mistica" ed il Parco dell'acquedotto Alessandrino con le fertili campagne lungo l'Aniene, oltre Lunghezza e Castelverde dove passano gli antichi acquedotti Alessandrino e dell'Acqua Marcia. A sud il grande cuneo del Parco dell'Appia Antica con la Caffarella, praticamente dentro la citta' ed oltre il suggestivo Parco degli Acquedotti dove tra vigneti, importanti reperti dell'epoca romana e campi di golf la campagna romana penetra seppur violata da alcuni insediamenti abusivi, fino al cuore della citta' .

Ed ancora a Sud il Parco delle tre decime tra la via Pontina e l'Ardeatina e la valle di Malafede fino al mare dove le foreste di Capocotta, il Parco di Castel Fusano e la tenuta di Castel Porziano ricordano con le vaste estensioni di boschi d'alto fusto e di macchia mediterranea popolata da cinghiali e Daini quello che era nei tempi antichi tutta la costa del Lazio.

Ad ovest l'enorme estensione agricola bagnata dalle acque dell'Arrone oltre la via Boccea, con il Parco di Castel di Guido lungo l'Aurelia fino alle fertili pianure di Maccarese ed ai Monti della Tolfa passando attraverso le rive dei lagni di Bracciano e Martignano.

In queste campagne, tra questi boschi, nei parchi a due passi dalla citta', dove ancora vivono nei cascinali contadini e pastori, si possono scoprire gli antichi valori di una civilta' non ancora perduta, ma presente e vitale nonostante la vicinanza dei fumi e dei rumori della metropoli.

Marco Spada.